Ormai è noto, l’Italia è in ritardo sul PNRR. Come emerso dallo studio condotto dall’Osservatorio PNRR di The European House – Ambrosetti, del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza solo il 6% dei finanziamenti è stato speso e solamente l’1% dei progetti è stato completato (quindi solamente 2.037 progetti su 171.610). Inoltre, il 65% dei progetti passa dai comuni e il 60% di questi passa dai comuni con meno di 5.000 abitanti, con notevoli difficoltà nella gestione dei progetti stessi. Dato il ritardo accumulato, la nuova pianificazione del PNRR prevede uno spostamento in avanti di oltre 20 miliardi di euro di spese originariamente previste per il triennio 2020-2022 (-49,7%). Il ritardo, da recuperare già dall’esercizio 2023, prevede un’accelerazione rispetto alla programmazione iniziale di oltre 5 miliardi di euro. Nel 2023 ci saranno perciò 96 condizioni (tra obiettivi e traguardi) da raggiungere nell’anno (27 entro giugno, 69 entro dicembre). Sulla base della relazione sullo stato di attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza della Corte dei Conti, 27 condizioni su 96 (28%) del 2023 sono state avviate e un solo obiettivo è stato conseguito in questi primi tre mesi (quello relativo all’acquisto di servizi professionali di data science).
L’utilizzo delle relative risorse continua di conseguenza ad alimentare le tensioni nella maggioranza. Il Governo Meloni, già sotto un pressing concentrico da parte di Commissione europea, BCE e Quirinale, non vuole rinunciare ai fondi del PNRR ma spinge per una rimodulazione del piano. Perché non sfruttare l’occasione fornita dal NextGenerationEU rappresenta una doppia sconfitta: l’Italia rinuncia alle riforme, l’Europa ammette che dovrà rinviare il percorso di ulteriore integrazione attraverso, ad esempio, l’emissione di altro debito comune. Secondo fonti governative riportate da RaiNews24, “il Piano va rimodulato, eliminando i progetti che non possono essere portati a termine entro il 2026. Ma lo spazio che si libera può essere utilizzato su altri progetti per i quali i finanziamenti possono essere spesi entro giugno 2026”.
A questo proposito la lista di Matteo Salvini è quasi pronta. Ancora qualche giorno, poi finirà sulla scrivania di Raffaele Fitto, il tessitore del nuovo PNRR. La lista del ministro leghista alle infrastrutture risponde a una missione del Piano da più di 31 miliardi. In ballo non sono i soldi, perché la rimodulazione dei progetti non lascerà per strada neppure un euro dei 191,5 miliardi su cui l’Italia potrà contare se rispetterà gli impegni presi con Bruxelles. A cambiare è la natura della spesa, quindi le opere che verranno realizzate.
Risorse PNRR travasate nei mezzi di trasporto e nelle condotte idriche
Nel dettaglio, ci sono almeno quattro tratte ferroviarie candidate a uscire perché irrealizzabili entro il 2026: due sono al Centro (il raddoppio della Roma-Pescara e della Orte-Falconara), le altre al Sud. I lavori preparatori, dalla Conferenza dei servizi al tracciato, procedono a rilento. L’idea è spostarli sulla programmazione dei fondi europei che può allungarsi fino al 2029; le risorse da travasare nell’acquisto di treni Intercity e di mezzi per il trasporto pubblico locale.
Sarà l’esito dell’esame affidato a Rfi, con tanto di coefficiente di rischio indicato a lato, a dire quante ferrovie dovranno lasciare spazio al potenziamento dei servizi. E dallo spostamento di altri progetti, alcuni dei quali potrebbero essere cancellati, si aprirà uno spazio da 1 miliardo che Salvini ha già in mente come riempire: 84 progetti per le condotte idriche.
Scuola
La lista generale delle modifiche, che Fitto dovrà stilare in meno di un mese, conterrà anche la richiesta di far slittare l’avvio dei cantieri per la costruzione e la riqualificazione degli asili nido. Per impiegare i 2,4 miliardi previsti dal PNRR (incluse le scuole e i poli per l’infanzia), ci vorrà più tempo. L’aggiudicazione dei contratti di lavoro va chiusa entro il 30 giugno, ma il ministero dell’Istruzione sta pensando a un allungamento al 30 settembre. L’obiettivo passa dai Comuni; il dicastero si è attivato con diverse iniziative di supporto agli enti locali, ma i ritardi accumulati impongono di rivedere i tempi.
Ambiente
Al momento (tutti i ministeri hanno tempo fino al 20 aprile per integrare le proprie liste) sono due i progetti che il ministero dell’Ambiente ha già inserito tra le modifiche. Il primo riguarda la piantumazione di 6,6 milioni di alberi entro il 2024. Sarà tutto rinviato all’anno dopo. E lo slittamento di un anno, dal 2025 al 2026, riguarderà anche una parte del progetto per la rinaturazione del Po. Anche in questo caso il problema è l’impossibilità di rispettare i tempi per il rimboschimento.
Università, il ministero più virtuoso del PNRR
È il ministero più virtuoso, avendo già raggiunto il target di giugno per il finanziamento di almeno trenta infrastrutture di ricerca e innovazione. Allo studio, però, c’è la rivisitazione di due progetti. Entro il 2026 bisogna mettere in fila 15 mila borse per i dottorati innovativi: il trend del governo Draghi (1.700 borse nel primo anno), però, ha allontanato il target finale. Nell’ultimo decreto PNRR è stato inserito uno sgravio contributivo: per ogni dottorato cofinanziato, l’impresa potrà ricevere uno sgravio per assumere a tempo indeterminato due dottori di ricerca. Ma l’ipotesi è ridurre il numero dei dottorati, aumentando però il valore delle borse. Anche il target di fine 2022 per i posti letto nelle residenze universitarie è stato centrato, ma al ministero si sta valutando se ridurre il totale di qualche migliaia (il PNRR prevede di portare i posti dagli attuali 40 mila a 100 mila entro il 2026; all’appello ne mancano in tutto 52.500).
Sud
A rischio gli investimenti nelle ZES, le Zone Economiche Speciali. In alcuni casi non si è arrivati neppure a indire la gara. I 630 milioni previsti dal Piano sono rimasti sulla carta. E il governo potrebbe fare suo il giudizio espresso dalla Corte dei Conti: l’obiettivo fissato per la fine dell’anno risulta “arduo”.